Uscita dalla cittadella maledetta, ecco un nuovo incarico, un mese circa, settembre 2013. Cleaner/Caretaker, cioè avevo anche
mansioni di custode, smistavo la posta ecc... full-time, anche il sabato
mattina. E il tempo per disegnare? (coltivavo
sempre l’assurda pretesa di voler fare l’illustratrice, che matta…) Mi chiedono
di fare un eccezione solo per quella volta.
Zona Sloane Square, di quelle dove cercare un Tesco per comprare un po’ di detersivo è un’impresa disperata, ma
puoi trovare Tiffany e Cartier, casomai ti fossero finiti i
collier di diamanti. Nella galleria d’arte all’angolo ho anche visto un Gainsborough e un paio di Picasso e Braque buttati lì, tanto per appendere qualcosa in cameretta.
Otto ore di lavoro per
degli incarichi che, a voler esagerare ne richiedono al massimo 3, ma devi
essere costantemente reperibile per eventuali consegne o problemi, e a
differenza della caretaker titolare tu non hai un appartamento lì dove essere
rintracciata al citofono, e neanche un posto dove riposare (tranne una
sediolina sghemba nei sotterranei) non puoi sentire musica, niente internet. La
giornata diventa eterna.
Allora ti inventi delle occupazioni, lavi le scale
esterne tutte le mattine anziché due volte alla settimana. Pulisci gli
interstizi delle ringhiere fino a lucidarli, ti accanisci sugli ottoni del
cancello d’ingresso, (piuttosto trascurati in verità) e decidi che torneranno
come nuovi, compresi tutti i riccioli rococò. Diventi una maniaca del pulito
tuo malgrado.
Una delle condomini una volta mi ha detto: -Non abbiamo mai avuto il palazzo così pulito, I can tell you! -(Ti
credo! ma la giornata dovrà pur passare...)
Potevo però osservare attentamente
la fauna umana del palazzo, che presentava
aspetti piuttosto interessanti. Innanzitutto c’erano dei veri inglesi, cosa sempre più rara a Londra. Affibbiavo nomignoli
per ricordare a chi dare la posta e prendevo schizzi veloci di quei volti che
mi ricordavano tanto le illustrazioni di Quentin
Blake.
Gli unici che non avevano
bisogno di soprannomi erano Sir Roderik (Roderik Francis Arthur, per la precisione, segue Earl of Xxx
che ometto per la privacy) e Lady
Candida.
Ricevevano ogni giorno
moltissime lettere, buona parte delle buste vergata a mano con quelle
calligrafie svolazzanti che adoro, (rimpiangevo di non avere uno scanner a
portata di mano…).
Mai incontrati purtroppo, stavano ristrutturando il loro enorme
appartamento ed evidentemente erano in un’altra residenza. Dal secondo piano un
andirivieni di tappeti dalle dimensioni esagerate, antiquariato vario e profluvi di fantasie a fiori.
Un giorno
arrivano i cataloghi Ikea, li guardo
sconsolata sapendo che la loro fine sarà tra i rifiuti (dispero di trovare
amanti del design cheap svedese tra i
condomini) e invece due giorni dopo, sorpresa! Ne mancavano due! Magari la nobiltà
britannica in ristrutturazione si è fatta tentare da una bella libreria Billy?
Una mattina ho avuto un’apparizione.
Nell’androne incrocio una donnina minuta con cappello e sciarpa neanche fossimo
in pieno inverno, il suo volto era quasi una maschera. Ho deciso che era lei:
la misteriosa Lady Candida, venuta
in incognito a controllare lo stato dei lavori.
Il Politicante. Elegantissimo nel suo gessato grigio, capello brizzolato, gentile ma
sbrigativo, uno di quelli abituati a dare ordini.
Mi ero convinta (senza averne
nessuna prova), che tutti giorni alle 9 andasse in Parlamento, camera dei
Lords, naturalmente.
Una mattina mi
chiede qual è la mia lingua madre, gli rispondo l’italiano e lui - How do you say “waste”in Italian? Frenchs
say “ordures”,Germans say…- segue un
elenco della parola in varie lingue.
Credendo che sia semplicemente interessato
ad arricchire il suo già impressionante vocabolario, dico –IMMONDIZIA- scandendo il più possibile le doppie. Lui, in
italiano – MATTINA-IMONDIZIA-ORE-OTTO! Ok?
-E si volta per allontanarsi. - Of
course, Sir, every morning I take the waste eight o’clock! - gli balbetto dietro, un po’ sorpresa.
Ritiravo
sempre i sacchetti puntualissima e li stoccavo nei sotterranei in attesa della
raccolta settimanale. Ma perché mi aveva detto questo? Torno in perlustrazione
e trovo in bella mostra un sacchetto lasciato da sua sorella, appartamento
adiacente, la quale mi sorride e si scusa con nonchalance per il ritardo. Resto
lì a bocca aperta.
Cara signora, sono le 9, ca@@@, sono passata due volte, capisco
che ti sei svegliata tardi, potresti fare la fatica di arrivare fino all’ascensore
e stoccare tu stessa il sacchetto vista l’ora, come fanno gli altri, ma non hai
proprio rispetto del mio lavoro? Tuo
fratello ha già stabilito che mi sono macchiata di grave reato e si è prodotto
in un esercizio di stile per potermi strigliare con classe. Ma che bella
famiglia!
Le parole mi restano in gola, troppo difficile, e non mi è assolutamente
consentito litigare o prendermi troppa confidenza.
Io sono cresciuta
soffrendo di quello che definisco “classismo
al contrario”, un’istintiva antipatia per i privilegiati, quasi che essere
ricco fosse una colpa di per sé, poi ho conosciuto parecchie persone, esseri
umani, al di la dell’etichetta che gli avevo appiccicata addosso e credevo di
essermi piuttosto liberata da questo pregiudizio, ma ragazzi, voi due ce la
state mettendo tutta per farvi odiare! Avrei voglia di farvi “lo strascìno” (in napoletano,
trascinare per i capelli). Ovviamente non è una via praticabile.
Caro Politicante, mi hai
colpita proprio nel mio punto debole, il
linguaggio (il che mi fa sentire tremendamente inferiore), mi costringi a sfidarmi
sul terreno pericoloso della comunicazione, ma devo risponderti.
Il giorno
dopo, col mio migliore sorriso: -I’m
really grateful, Sir, for yesterday. In fact, thanks to
your suggestion, I discovered that someone on your floor, put the bag out after
the time allowed, and after I went
to collect-, (Le sono molto grata per ieri. Infatti
grazie al suo suggerimento, ho scoperto che qualcuno al suo piano, mette fuori
il sacchetto dopo l’orario consentito, e dopo che io sono passata per la
raccolta)
Niente male Monica, una trentina di parole in fila
senza bloccarti, magari imperfette ma l’alternativa era: la prossima volta IMONDIZIA ORE
OTTO dincello a’ssoreta! E non
era il caso.
Ha risposto con un hum…
La cosa assurda è che gli ero grata
davvero, per essere stato occasione di sfida con me stessa, ora che gli avevo
parlato guardandolo negli occhi mi era quasi più simpatico.
Uno
che mi piaceva tanto era IL Mago.
Signore
anziano che incontravo più volte al giorno, entrava e usciva non si capiva mai
bene da dove, spesso usava le scale di servizio, talvolta mi compariva alle
spalle, sempre gentile, con uno sguardo luminoso e furbetto, facevamo
brevissime ma amabili conversazioni, era pieno di humour e sembrava
sinceramente preoccupato per la mia schiena, mi diceva spesso Don’t kill yourself!
La tenera svagata.
Gentile signora sulla settantina che un venerdì mi
chiama preoccupata, sta per andare in campagna per le vacanze e si è accorta
che mancano elettricità e linea telefonica, le presto il mio telefonino per
chiamare la figlia e assisto ad una lunga conversazione che sembra presa da un romanzo d’appendice: le viene
consigliato di non toccare niente e uscire, e lei si profonde in mille
lunghissime scuse per aver disturbato la figlia, -Grazie sweetheart, tu sei la migliore figlia che una madre possa
desiderare-, (ma davvero c’è qualcuno che parla così? Dalle mie parti si
usa al massimo: -Statte ‘bbona a’mmammà!
-) continua dicendo che la gentilissima caretaker (io) le aveva appena salvato
la vita (!) prestandole il telefono (e se la conversazione continuava, glielo
avrebbe strappato di mano…).
Alla fine saluti e baci, rientro in possesso del
mio telefono, un’elegante auto viene a prenderla all’ingresso.
Mi saluta dicendo
che l’unica fortuna, in quella giornata nera, era stata incontrarmi. -Things can only get better- spiccico, ricordando una vecchia canzone. Poi
scoprirò che la signora ha qualche problema di memoria.
Telefono e luce sono
stati staccati dai figli per il lungo periodo di vacanza, ma, ahimè, lei non lo
ricordava.
Il Gentleman del primo piano.
Età
presunta: 120 anni.
Ascoltava spesso musica classica, a volte mi fermavo sulle
scale a goderne un po’, era talmente educato che quando lasciava il sacchetto
dell’immondizia sull’uscio ci metteva un foglio di giornale sotto per evitare
di sporcare la moquette, un vero Signore.
Il mio preferito era Il Mahatma del pian terreno.
Indiano,
abitava con moglie e figlio giovane, tutti gentilissimi, si fermava spesso a
vedermi insistere su quell’ottone che non voleva venire perfetto (io ho cercato
di dirglielo che non ero matta ma dovevo passare il tempo in qualche modo…),
discutevamo di possibili strategie risolutive, un giorno se ne viene con un
piccolo spazzolino bianco:- prova con questo
per le parti più piccole -.
Un regalo che non ho dimenticato.
Ogni tanto facevo due
chiacchiere col collega della scala a fianco. La nostra conversazione era
piuttosto surreale. Lui Portoghese, affetto da seria balbuzie, io italiana, balbettante
per mancanza di vocaboli. L’ultimo giorno mi dice che gli mancherà tremendamente il mio bellissimo sorriso
con cui cominciava bene la mattina. Ho fatto mica conquiste? Guarda che io sono
una donna anziana, fidanzata e molto seria, eh?
meraviglioso, fantastico lavoro!!!
RispondiEliminaDevi assolutamente scrivere il tuo "L'Eleganza del Riccio".... peroò promettimi di salvare il riccio e la protagonista !!!! <3
eheh! grazie! magari sapessi scrivere così! comunque in caso la salvo, mi piacciono i romanzi a lieto fine! =) =) =)
EliminaStupendi ritratti umani e stupendi schizzi dei loro volti. Tutto sommato un'esperienza umana ricca ed un'esperienza lavorativa che ti permetterà di comprare un letto in ottone e tenerlo lucido come non si è mai visto... :D
RispondiEliminaLetto in ottone lucido? non ci penso proprio! ahahah!
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