mercoledì 11 novembre 2015

“…Ma sono mille Papaveri Rossi” - Remembrance Day

La mia idea della guerra me la sono formata con Fabrizio De Andrè
Non è che sia cresciuta in una famiglia di anarchici o figli dei fiori, i miei genitori nel ’68 più che a manifestare per pace e amore, erano occupati a farmi nascere e a tenere insieme una famiglia, ma insomma, respiravo quell’aria lì. 
Più che i libri, i racconti di mio padre sui bombardamenti, la scuola, io avevo La guerra di Piero*, una canzone, a spiegarmi l’assoluta stupida, inutile crudeltà della guerra: 
“…dei morti in battaglia ti porti la voce, 
chi diede la vita ebbe in cambio una croce”
Da quando sono in grado di elaborare opinioni sulle cose ho pochi punti fermi ed uno di questi è il rifiuto della violenza, dell’uso delle persone come fossero pedine, e per estensione, l’antipatia verso eserciti, gerarchie, ordini, posti di comando. 
E’ un fatto viscerale, non mediato dalla ragione, posso dire che ce l’ho nel sangue.

Uno dei (pochi) dubbi che avevo nel pensare di emigrare qui in UK era l’attitudine secolare di questo popolo alla guerra, la Gran Bretagna è uno dei paesi occidentali che tende a “mostrare i muscoli” quando c’è da risolvere questioni internazionali, e io ho sempre visto questo fatto con preoccupazione. Non c’è molto da fare, è la loro storia, è l’eco dell’Impero dissolto da poco, posso dire che ce l’abbiano nel sangue.

Poco dopo il mio arrivo, nell’Ottobre 2012, cominciai a notare per strada, alcuni individui che indossavano una spilla a forma di fiore rosso, pensai allo stemma di un club, ma più i giorni passavano, più notavo persone con decorazioni o spille con questo strano fiore rosso. 
Cercavo di individuare dai loro volti una qualche appartenenza, ma erano giovani, anziani, uomini e donne, di vari ceti sociali. 
Quando cominciai a vedere in televisione giornalisti, attori e presentatori con la spilla mi allarmai. Cos’è, una specie di setta segreta? Stiamo per subire un’invasione aliena e verranno uccisi solo quelli non “segnati” dalla spilla? Qualcuno mi disse: “ma tra poco è il Poppy day!”, e io non sapevo che il papavero (poppy) era il simbolo dei soldati caduti in guerra, la canzone che mi aveva formato mi tornava in mente…

Durante la prima guerra mondiale John McCrae scrisse la poesia In Flanders Fields (Nei campi di Fiandra) dove si parla di papaveri che sbocciano tra file di croci, ecco perché da allora il Papavero divenne simbolo del Remembrance day, il giorno dei caduti in guerra, che cade l’undicesimo giorno, dell’undicesimo mese di ogni anno. Alle 11 del mattino si osservano due minuti di silenzio perché a quell’ora ci fu l’armistizio nel 1918.

E’ che gli inglesi (guerrafondai, imperialisti), hanno la capacità di usare i segni, di coltivare la memoria, di celebrare e sentirsi uniti nei simboli che mi lascia sempre senza fiato. C'è della poesia in queste manifestazioni composte, che mi affascina.
L’anno scorso, durante le celebrazioni per l’anniversario della Prima Guerra Mondiale, la Torre di Londra fu letteralmente invasa da un’istallazione di 88.246 papaveri rossi di ceramica (il numero dei soldati morti), uno spettacolo visivamente eccezionale (potete trovare alcune immagini qui).

E così io resto acerrima nemica della guerra, e trovo che non ci sia molto da celebrare, ma i morti, i morti di tutte le guerre, quelli che continuano a morire per eseguire degli ordini, o perché semplici vittime, quelli li voglio ricordare, e pregare in silenzio per loro, oggi, alle 11.


"Dormi sepolto in un campo di grano, non è la rosa non è il tulipano, che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi"

* "La guerra di Piero", Fabrizio de Andrè, 1964