venerdì 29 aprile 2016

In Piedi Sui Pedali (puff, pant…)



Questa è la mia seconda volta con “Scrittori di Classe”, il progetto Insieme per la Scuola che già l’anno scorso ha coinvolto le classi italiane nella creazione di otto racconti fianco a fianco con grandi autori per ragazzi. 
Nella prima edizione avevano partecipato migliaia alunni con qualcosa come 3,2 milioni libri distribuiti, una cifra enoooorme…, e Corri, Malik, corri  mi aveva dato belle soddisfazioni. 

Il nuovo racconto, sempre di Luigi Garlando, ispirato ad una storia della III U della Scuola Secondaria “Ugo Foscolo” di Rocchetta Ligure, si intitola “In piedi sui pedali”.

Io di ciclismo professionale non ho mai capito molto, quanto a praticarlo, l’unica bicicletta che abbia mai pedalato (a parte quella con le rotelle nell'infanzia) è stata una  fantastica Graziella bianca per ragazzi, bassa abbastanza da permettermi di salire, niente marce o optional. Amo pedalare ma equilibrio e prontezza di riflessi non sono le mie qualità migliori. L’ultimo tentativo di salire su una bici regolare da adulti si concluse rovinosamente anni fa: caduta dopo cinque metri, caviglia slogata, fine dell’avventura ciclistica. Bisognava darsi da fare per entrare un po’ nello spirito del racconto.

L’incipit: Valerio, 16 anni, cresce con la passione della bici, trasmessa dal nonno, ex gregario di Fausto Coppi, e dal fratello Uccio, grande talento che a soli 21 anni sta per giocarsi la Maglia Gialla al Tour de France
La notizia della squalifica di Uccio per Doping cambierà la vita del protagonista, della sua famiglia, degli amici e, diciamolo, anche la mia, che ho dovuto colmare le mie immense lacune immergendomi in letture su doping, corse a tappe e a cronometro, appassionandomi alle vicende di Coppi e Bartali, e ora conosco perfino la differenza tra un velocista e uno scalatore


Copertina. Problema numero uno: come disegnare le biciclette. Da quello dipendeva lo stile di tutto il libro.

Le bici da corsa hanno troppi elementi, fili, raggi e ingranaggi, sono piene di scritte… (per non parlare delle divise dei ciclisti) se avessi scelto una strada descrittiva, mi sarei trovata scene caotiche e incomprensibili.
Negli ultimi anni sono in cerca di respiro per le mie tavole, di pulizia del segno, di aria. 
Mi agitavo alla ricerca della chiave giusta, quando scovo una locandina del Tour de France completamente vettoriale che mi da l'idea per partire. Dovevo sintetizzare, scartare il superfluo, ovviamente non uso il vettoriale, ma dovevo usare solo l'essenziale.

Preparo come sempre qualche texture dipinta grossolanamente ad acrilico che poi "ritaglierò" virtualmente come per un collage, mi concentro sulla salita, voglio mostrare lo sforzo, la difficoltà. La testa la faccio finire oltre l'inquadratura, mi voglio concentrare sul corpo e la bici. Disegno tutto e poi cancello il superfluo per lasciare le sagome più pulite possibile. 
Per l'elemento doping ho pensato ai titoli dei giornali, li ho cercati in varie lingue, scannerizzati da qualche quotidiano che avevo a casa, ricopiati, alcuni me li sono inventati (potrei fare la titolista?). Pochi colori: giallo, bianco e blu. Ultimo tocco, la Tour Eiffel come sagoma sullo sfondo. 
Copertina approvata. Procediamo!


Scena uno: l’infanzia dei due fratelli cullata dai racconti del nonno e dalla visione dei suoi cimeli. 
Le foto autografate dell’ “Airone”, gli articoli, la famosa immagine dello scambio della borraccia con Bartali (chi passò la borraccia a chi? Qualcuno asserisce che fu un’ azione concordata con i fotografi per creare la notizia, ma io voglio credere che lo scambio fosse vero, mi piacciono i simboli, non me li dovete toccare…) ed una borraccia vera appartenuta al campionissimo, conservata come  sacra reliquia. 
Avevo bisogno di affollare la parete, di stratificare i ricordi su quel muro, e per contrasto, di semplificare tutto il resto. 
I disegni dei personaggi diventano quindi essenziali, quasi senza chiaroscuro, con campiture di colori decisi e poi il bianco.


Scena due: l’infarto del padre di Valerio mentre sta raccogliendo l’uva nella vigna di famiglia. Immaginavo un’inquadratura dal basso con le viti sullo sfondo e l’uva che cade dalla cassetta verso lo spettatore. 
Ho la fortuna di avere un compagno che “sa fare le facce” e che uso spesso come modello.
- Amore, ti andrebbe di fare il padre del protagonista? Saresti perfetto, sei bellissimo - Certo, tesoro, devi farmi delle foto? Che devo fare?Dovresti farti venire un infarto…-
Non posso riportare qui la risposta e il gesto eloquente che la accompagnava… Comunque alla fine, ha ceduto alle richieste, e questo è il risultato.



Scena tre: il bacio a Firenze. Un po’ di romanticismo non fa mai male. 
Il modello per Valerio nella vita sarebbe biondo con gli occhi azzurri, ma io gli ho messo un naso più importante, capelli e occhi scuri per esigenze di copione, non so se sarà troppo contento…


Scena quattro: Valerio alla sua prima corsa importante, in un momento di crisi, viene aiutato dal fratello (sparito dopo la vicenda doping), che gli getta una spugna d’acqua fredda sul collo. È un punto centrale e delicato del racconto. Valerio percepisce la presenza del fratello ma non lo vede. Dopo un po’ di tentativi ho trovato l’inquadratura che mi permettesse di nascondere Uccio, e mostrare la sorpresa di Valerio.


Scena cinque: la caduta. 
La faccenda era veramente difficile da rappresentare, non potevo certo chiedere alla gente di cadere per me dalla bici, ne appostarmi per  giorni sulle piste ciclabili a caccia di incidenti (non è carino). Così ho visionato centinaia di cadute per trovare la posizione giusta, è stato abbastanza disgustoso, io sono sensibile alla vista del sangue, e tra piccole sbucciature e grandi lesioni ho visto di tutto. 
Alla fine ho trovato due o tre cadute che mi hanno aiutato a capire come si può capitombolare sulla spalla che il protagonista si slogherà. 
Approfitto per ringraziare i malcapitati corridori, mi sono stati molto utili.

Questa immagine mi sembra quasi perfetta, cioè credo di aver raggiunto la sintesi che volevo, e mi pare abbastanza potente. Dai, sono contenta.


Scena sei: Il nonno regala a Valerio il suo cimelio più prezioso, la borraccia di Coppi, come un talismano per la prossima gara. È una scena giocata sulle emozioni, ho cercato un’inquadratura ravvicinata, per lasciare spazio alle espressioni. 
Uno sfondo di colore molto deciso per fare emergere il bianco dei capelli del nonno e della camicia.

E’ un po’ di tempo che sento il bisogno di far tornare centrale il bianco nelle mie illustrazioni. All’inizio della mia carriera mi veniva naturale usare il bianco come “colore”, poi avevo cominciato a riempire, e riempire… ora, quando e dove posso, cerco di dare al bianco il posto che merita; qui, dalle bici ai vestiti mi sembra che abbia un buon ruolo. 

Scena sette: La fuga. Il corpo dei ciclisti sbilanciato, non più una cosa sola con la bicicletta, che quasi libera si inclina dalla parte opposta, tutti i muscoli in tensione, le teste basse, le schiene curve. 
Volevo mostrare questo, tutto il resto sarebbe stato inutile. All’inizio avevo disegnato uno scorcio del passo Cason di Lanza, dove si svolge la scena, poi ho preferito un fondo pittorico neutro. 

Scena otto: lo scambio della borraccia tra i due fratelli. 
Su youtube trovi chi si mette, telecamera sul casco, a ripercorrere alcune tappe del Giro d’Italia, così le puoi vedere in soggettiva. 
E io ho passato ore davanti allo schermo fingendo di essere sulle Dolomiti, con un po’ di mal di mare per via delle curve, a godermi lo spettacolo mozzafiato delle Tre Cime di Lavaredo
Così belle che ho scelto un’inquadratura panoramica  per dare spazio al paesaggio.


Scena nove: il trionfo a Milano. 
Nuovo problema: La maglia rosa. Il fatto è che io il rosa non lo sopporto, ho difficoltà a dipingerlo e gestirlo con altri colori, eppure non avevo scampo, la maglia rosa è la maglia rosa. 
Ma tenendo i due fratelli abbracciati la maglia rosa si accosta a quella bianca, per fortuna.

Problema due: avevo scelto mio fratello come modello per Uccio negli schizzi iniziali ma non trovavo più le sue foto… ed ero in ritardo.  Lo chiamo disperata: - Mi serve la tua faccia, la tua faccia! – Lui con santa pazienza cerca le foto nel suo archivio e mi fa un megainvio che mi salva la vita. Tra parentesi lui è bruno e barbuto, e io gli ho donato viso glabro e chioma bionda, sempre per esigenze di copione, ma non se ne lamenterà, ormai è rassegnato. 
Volevo che trasparisse gioia e affetto tra i due e mi sono fatta una scorpacciata di immagini di trionfi, podi e squadre esultanti, quanti bellissimi abbracci! Credo che siano la cosa dello sport che mi piace pi più.
Piccola riflessione sul fondo: il Duomo di Milano è tanto bello ma può trasformarsi in un incubo per il disegnatore, se hai poco tempo e ventimila guglie da fare…


Scena dieci: il nuovo inizio. 
Sono passati due anni, la situazione si è evoluta e i personaggi ricoprono ruoli diversi (adesso non voglio fare troppo spoiler). 
Ultimo problema: Mi serviva uno sfondo per le bici bianche sul tetto dell’ammiraglia, che non cozzasse con i colori dell’auto e della divisa, provo tremila soluzioni, alla fine scelgo un arancione. La sera dell’ultimo giorno utile mando tutti i files. Poi la notte non ci dormo su, non sono soddisfatta, la mattina presto faccio un altro fondo, bianco appena più scuro, lo mando, questo è meglio, approvato!

Ce l’abbiamo fatta, tutti. Organizzatori, grafica, coordinamento, autore, sembrano tutti soddisfatti, io sono stremata come se avessi corso su quella maledetta bicicletta, in piedi sui pedali, ovviamente.

A Scrittori di Classe 2 hanno partecipato gli autori:
Stefano Bordigoni, Tim Bruno, Silvana De Mari, Luigi Garlando, Beatrice Masini, Luisa Mattia, Roberto Piumini, Guido Sgardoli
E gli illustratori: 
Roberto Lauciello, Adriano Gon, Gianni De Conno, Emanuela Bussolati, Sualzo, Macchiavello, Claudio Prati (e me)
Con il coordinamento di Manuela Salvi e la realizzazione di Eu.promotions

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