The Shining. Stanley Kubrik |
Questo non è un innocuo
proverbio, almeno non più, se hai visto The
Shining. (Nella versione inglese era: "All
work and no play makes Jack a dull boy", letteralmente: “Tutto lavoro e niente svago rendono Jack un
ragazzo annoiato”). Lo scrivo sul pc e penso a Jack Nicholson,
completamente fuori di testa, che lo batte a macchina. Migliaia di volte.
Se come me hai subìto il film di Kubrik (aggrappata con
le unghie alla maglia di mio fratello che mi obbligò al supplizio perché non
puoi non vederlo! ),
ricorderai l’enorme albergo dai corridoi infiniti, kilometri di moquette, spazi
anonimi, porte identiche, e oscure presenze. Ecco, io ho lavorato in un posto
simile come cleaner tra Agosto e
Settembre 2013, incaricata dall’agenzia, che forse non era al corrente della
mia assoluta, totale e devastante mancanza
di senso dell’orientamento. Devo aver dimenticato di scriverlo nel CV alla
voce disabilità. (Il mattino ha l’oro
in bocca. Il mattino ha l’oro in bocca. Il mattino ha l’oro in bocca…).
Ora penserai che sto
esagerando, ma se mi conoscessi bene sapresti che la mia borsa è piena di
foglietti con mappe di tutti i posti che mi servono, che non mi basta Google
map, devo anche prendere appunti, tipo: gira
dopo il tele negozio, passa dietro il grande albero, ecc... che col
navigatore ormai siamo ai ferri corti.
Sapresti che in presenza di un bivio io
prenderò sicuramente la strada opposta a quella che mi serve. Che è inutile
dirmi: “è facile, non puoi sbagliare”,
perché io sbaglierò. Inesorabilmente.
Da piccola ero preda dell’assoluto
terrore di non sapere dov’ero, ho vissuto momenti di vero panico, poi mi sono
abituata.
Ho accettato l’idea di calcolare del tempo in più quando vado da
qualche parte (giusto per perdermi e ritrovarmi…), di circumnavigare l’Africa
per arrivare dietro l’angolo, di riconoscere luoghi ma non sapere assolutamente
come ci si arriva. Insomma, con le proprie debolezze si impara a convivere.
Certo, mi tengo lontana da megaparcheggi sotterranei, centri commerciali (che
per me hanno la stessa funzione del bosco delle favole, il luogo di confine dove
è pericoloso addentrarsi) e da grandi alberghi, appunto.
Ma questo non era
semplicemente un albergo, si trattava di una vera e propria cittadella, nella zona sud di Londra,
il vecchio Royal Arsenal, una serie
di edifici antichi, ristrutturati e adibiti a residences. Vari kilometri e
varie squadre di pulizie.
Ogni mattina mi veniva assegnato un blocco diverso,
per la mia gioia, così era impossibile memorizzare. Se ero fortunata mi
accodavo al collega di turno che almeno mi portava sul luogo e poi mi lasciava
lì, in balìa di me stessa.
Mi veniva indicato dove trovare gli attrezzi e i
compiti da svolgere e poi la mattinata passava tra i corridoi deserti e gli
ascensori.
Niente riferimenti visivi, che so, quadri, sculture, solo numeri,
un’infinità di numeri sulle porte tutte uguali, luci che si accendevano (e
qualche volta NON si accendevano) al tuo passaggio. Temevo di incontrare prima
o poi bambine gemelle morte, e scansavo l’appartamento 237, tanto per essere
tranquilla (Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca. Il mattino ha l’oro in bocca… ).
Qualcuno credeva di
aiutarmi spiegandomi scorciatoie (grave errore, impossibile per me memorizzare
più di un percorso per arrivare allo stesso punto). Un giorno mi furono date
delle istruzioni a voce su una serie di blocchi da pulire, ovviamente a metà
mattina già non sapevo più dov’ero e cominciai a pulire quelli sbagliati,
esattamente di fronte a dove avrei dovuto essere.
Poi c’erano i ragni. Eh già, sono anche banalmente
aracnofobica ( se per questo ho anche paura degli insetti) e, se te lo stai
chiedendo, no, non ho voluto vedere il film Aracnofobia, perché mi posso pure sottoporre a tortura per un
capolavoro del cinema, per il resto, no grazie …
Ho fatto la piacevole
conoscenza dei ragni inglesi, razza forte, di taglia grossa, anche piuttosto carnosi, una delizia. Ora so da dove
vengono tanti personaggi dell’immaginario inglese tipo Aragog, il ragno di Hagrid in Harry Potter, o il ragno enorme di Lullaby, celebre canzone dei Cure: “the spiderman is having me for dinner
tonight…”, non è che siano tanto distanti dalla realtà.
Dunque ero molto
impegnata a uscire viva da labirinti e scansare ragni, che nella stagione
estiva, pare siano più propensi a manifestare la loro presenza.
Ne incontravo
uno e cominciava la danza: Piccolo urlo. Paralisi da paura. Gola secca. Ci
guardavamo un attimo negli occhi (che erano lì che mi fissavano, lo so…), io
decidevo di dargli qualche secondo per sparire, se era abbastanza furbo, avrei
fatto finta di non averlo visto, altrimenti non avevo scelta, lì non poteva
restare. Dovevo usare l’unica arma a mia disposizione: l’Hoover. Aspiravo con
gli occhi semichiusi, era una sensazione tremenda. Non si arrabbino gli animalisti,
ho accumulato una valigia di sensi di colpa per tutti questi ragnicidi.
L’incubo passò quando mi
fu dato un nuovo incarico, di cui parlerò nel prossimo post. Per fortuna la
cittadella maledetta non mi ha fatto uscire di senno. Il mattino ha l’oro in bocca. Il mattino ha l’oro in bocca. Il
mattino ha l’oro in bocca…
Mammamia! Non ho mai voluto vedere quel film, nemmeno sapendo che "si deve vedere!!!". sarei fuggita da un posto così... ;))
RispondiEliminaecco... immagina me lì dentro...=D
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