Gli inizi della mia
carriera lavorativa in UK sono stati segnati da una serie di tentativi che ho
chiamato Improbabili Interviews, seguite qualche volta da lavori temporanei,
anch'essi, per le mie note abilità, altrettanto improbabili.
Ma cominciamo con
ordine, cioè dalla situazione di partenza.
Cosa avevo in mano prima di
mollare gli ormeggi nell’ottobre 2012? Un contratto con un’azienda inglese, una
delle centinaia di produttrici di Greeting Cards a cui avevo scritto, dal quale
mi aspettavo un po’ di royalties avendo disegnato per loro 20 cards natalizie, che
poi mi frutteranno la cifra esorbitante di circa 8 sterline in due anni, c’e da
arricchirsi! (ma questa cosa all’epoca non la sapevo…).
L’email di una agente
di illustratori che si era detta
interessata al mio lavoro e voleva incontrarmi, anche lei parte di un elenco
senza fine, recuperato dal Children’s Writers’&Artists’ Yearbook, (specie
di bibbia del settore, studiata avidamente, se volete lo trovate qui)
dal web e da colleghi generosi che mi avevano passato i nominativi.
Riesco ad ottenere un
appuntamento con lei il 6 Novembre. Sono terrorizzata. In caso avessi bisogno
di interpreti (ne avrò bisogno, lo so), mi accompagna la prode Manuela [Salvi, per la cronaca, scrittrice che da qualche anno vive tra l’Italia e Londra, e mi fa da appoggio, coach,
Cicerone, guida gastronomica e spalla su cui piangere, in questa città ].
Ci
vediamo alla Tate Modern, spazio riunioni. Sudo freddo.
Lei è bionda, tipicamente british, naso e
bocca lontani, occhi chiari, grande mimica facciale, parla un inglese perfetto
che quasi riesco a capire tutto. Ridiamo parecchio, si riferisce agli
illustratori francesi mettendosi un dito sotto il naso e arricciandolo (come
per dire che sono snob), mi chiede se il testo su uno dei miei libri sia anche
in cinese e io le rispondo che non ne sono sicura “because my Chinese is not so
fluent ...” (battuta per scaricare la tensione, ma sarà il massimo che riuscirò
a dire, il resto, una serie di bwfxfgh…). Per lei il mio lavoro e' too good,
and very, very different. Too good significa che per il mercato medio è un po’
troppo raffinato, very different che forse non si capisce dove collocarmi
(ragazzi, è una vita che mi sento “very different”, gradirei non considerarlo
più il mio handicap ma la mia vittoria, grazie).
Le piacciono i miei draghi e i
miei elefanti (che vedete qui sotto). Glieli affido volentieri. Li porterà un po’ in giro, magari
l’aria di Londra farà loro bene e chissà… Al ritorno attraverso il Millennium
Bridge con un timido sole che mi scalda la faccia. La mia testa produce milioni
di pensieri. Preparo piani d’attacco…
Copertina de Il Duca Yè. Sinnos Editrice |
I Ciechi e l'Elefante, da La Gemma nel Vestito. Sinnos Editrice |
Dopo una settimana ricevo
una sua mail: “… Sono veramente impressionata dal tuo lavoro, i tuoi fantastici disegni, e la tua abilità
nell’uso di Photoshop” (azz…) “ Ieri ho avuto un incontro con…”(oh,oh, nome
grosso dell’editoria!) “... lei ha apprezzato molto il tuo lavoro e sta
pensando ad un libro…” Calma, cerco di stare calma… Sto per dare una svolta
alla mia vita?
I mesi successivi spegneranno il mio
entusiasmo. L’agente praticamente sparisce dopo avermi assicurato che aveva
cose importanti da dirmi, si perde nel blu… non mi chiedete perché, mistero. Ogni
volta che la contatto mi dice che mi chiamerà il giorno dopo. Alla fine mollo
per stanchezza ma confesso di essere scioccata e un po’ scossa da questo
comportamento. Qualcuno mi avverte che a volte per gli inglesi è così
inconcepibile comunicare un insuccesso che preferiscono sparire, scelgono il
silenzio. Ma davvero??? Inglesi, vi voglio bene, ditemi che non è così! La cosa
mi farà perdere qualche mese di ricerca, e regalerà una serie di epiteti poco carini
alla suddetta agente. Ma io non mollo e mi rimetto a cercare.
L'interview successiva sarà per un lavoro "artistico" un po' diverso, ma ne parlerò nel prossimo post...
Sono d'accordo: essere "very different" è un valore, da custodire e coltivare. <3
RispondiEliminacoltiviamo... =)
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