Illustrazione per l'Assaggenda Sinnos 2012-Salgari: Maelstrom-monicauriemma |
Chi vive a Londra deve
per forza familiarizzare con i centinaia di modi per dire pioggia, alcuni piuttosto
evocativi: liquid sunshine (quando piove col sole) , shower, solid rain,
e i vari storm, tempeste, temporali…
Confesso però che flash
flood (improvviso alluvione) non l’avevo mai sentito. E neanche mai vissuto.
Finora.
Erano le tre di un
venerdì pomeriggio di Settembre, quando sento arrivare la pioggia.
Niente di
strano, ovviamente, ma il fracasso dei tuoni è assordante, cosa insolita (qui
la pioggia è frequentissima, ma i temporali con tuoni e fulmini, piuttosto
rari), la pioggia cade con un’intensità e un rumore che mi stordisce.
Pochi
minuti e arriva la grandine, più che altro una sassaiola.
Dai vetri do
un’occhiata al minuscolo cortile sul retro, circondato dai muri delle abitazioni
circostanti, come ce ne sono tanti nelle case vittoriane, al di sotto del
livello strada, comunicante con la cucina tramite una porta e un piccolo
gradino.
Oh, oh, il tombino pare
non riesca a contenere tanta acqua e il cortiletto si sta trasformando in una
vasca… di fango…
Il rumore è sempre più assordante, il livello sale.
Il cuore accelera.
Tra il pian terreno e la cucina ci sono sei gradini, li scendo con un paio di
asciugamani in mano, forse dovrei metterli a protezione della port… troppo
tardi, l’acqua, scavalca il gradino esterno e invade la cucina.
Il livello sale ad una
velocità impressionante. Getto (inutilmente) gli asciugamani a terra e mi vivo
il mio primo flash flood.
E’ in questi momenti che di
solito do prova del mio self control: “CHE DEVO FARE, CHE DEVO FARE, CHE DEVO
FAAAARE???!!!”
Del mio profondo legame
con la natura: “E DAI, ADESSO BASTA, ADESSO SMETTILA! TI PREGO, BASTAAA!”
Della mia grande
spiritualità: “NAM MYO HO RENGE KYO...OODDÌODDÌODDDÌO! MAMMMAMIIIA!”, (buddismo,cristianesimo
e culto dei defunti, perfetto sincretismo religioso)
Tento di chiamare il mio
compagno Danilo, in strada di ritorno dal lavoro, non c’è linea.
Nella mia mente offuscata
si fa strada un concetto elementare: elettricità+acqua= no buono.
Corro al piano di sopra a
spegnere il pc.
Il frigo e la lavatrice sono completamente immersi e in
corrente, e io non posso arrivare alle prese se non guadando. E non riesco a
mettere a fuoco dove diavolo sia l’interruttore generale della luce.
Qual è il numero del
pronto intervento? Il 911? No, ho visto troppi film americani… ah è il 999… provo,
la linea sembra tornata, qualcuno mi risponde.
“GOOD AFTERNOON” (perché io sono
una personcina educata. Terrorizzata, ma educata)
“MY-KITCHEN-UNDER-WATER”,
sono le uniche parole di senso compiuto che mi escono. L’operatrice mi dice
qualcosa che ovviamente non capisco, dopo una serie di sorry, sorry, intuisco che
vuole l’indirizzo, ho un attimo di crollo quando mi chiede di farle lo
spelling… no, lo spelling no, ti prego! B…B…BRAVO…E…ECO…N…N…NOVEMBER, menomale
che il nome della mia strada è breve…
“Stiamo ricevendo tantissime chiamate dalla sua zona e abbiamo tutte le
squadre impegnate…” “Che devo fare? Io non so che devo fare!”supplico. L’acqua
è circa venti centimetri, “Metta degli
asciugamani”, già fatto cara, ho tutto il corredo bagno che fluttua.
Per la
verità c’è parecchia roba che fluttua, tappetini, i contenitori dell’immondizia,
il cesto con le verdure, tutti in giro a galleggiare, come suppellettili di una
nave che affonda.
“Capitano! Imbarchiamo acqua dalla stiva!!!” avrei
tanto voluto recitare la parte dell’ufficiale/eroe nei film catastrofici (quello che
prevede il pericolo ma nessuno lo ascolta a causa del suo passato da alcolista
o di problemi personali, che altrimenti il film non va avanti), purtroppo non
c’è nessun capitano che prenda una decisione, nessuno a cui rivolgermi, nessuno…
In fondo non sono in
pericolo di vita, la porta è libera e anche se fuori diluvia io posso comunque uscire.
Cerco di calmarmi, inutilmente, infilo l’impermeabile di Danilo, tre volte la
mia taglia, sudo, cammino avanti e indietro, penso all’elettricità e agli
strani rumori metallici che sento, cigolii e stridore come di motorini sotto
sforzo, sempre più forti, sempre più sinistri, penso a corti circuiti, incendi,
crolli… e MORIREEEEMOTUUUUTTIIIIII!
L’acqua nera supera il primo gradino.
Riesco a comunicare con
Danilo, bloccato nel traffico impazzito, mi indica dov’è l’interruttore
generale, che in pratica sta quasi sotto al soffitto (grazie, eh… magari un
posto un po’ più accessibile?) mi arrampico sullo scaletto che prima ho tirato
via dal sottoscala per salvarlo dall’acqua, insieme al cesto della biancheria
sporca, ma non mi chiedete perché ho salvato solo queste due cose perché non lo so… stacco
finalmente la corrente.
Lo stridore finisce.
Pian
piano anche il rumore esterno cala, la pioggia smette.
Infilo gli stivali e corro a comprare un paio di secchi per tirar
via “il lago” dalla cucina. Il tutto è durato una mezz'oretta, non di più. Un
vero “Flash” flood.
Fuori, atmosfera post-diluvio
universale, dietro l’angolo di casa si è formato un enorme lago, polizia e vigili
del fuoco, nastri segnaletici a chiudere la mia strada, traffico interrotto,
autobus impantanati, la gente si aggira fradicia e smarrita: “Umbelievable!”; ci
scambiamo parole di stupore e conforto tra vicini, volevo dire che la mia
cucina era “completely flooded” (allagata), e mi esce “completely floated”, completamente “galleggiata”, beh…
sempre di acqua si tratta, no?
Ritorna il sole, fa quasi
caldo. Trascorro le successive tre ore a tirar via acqua, strizzo gli
asciugamani nei secchi e li svuoto nel tombino fuori casa.
Intanto arriva Danilo,
a sera inoltrata si fa la conta dei danni, abbiamo la lavatrice fuori uso
(dovremo cambiare il motore) ma il frigo è salvo. Perdiamo tappetini e alcuni
oggetti ma niente di grave.
Siamo stati fortunati, un nostro amico è stato
spostato in un albergo e per parecchio non potrà rientrare in casa.
Scoprirò che l’alluvione
è stato talmente circoscritto da interessare solo il mio quartiere.
Mi sorge un dubbio: a causa
di una consegna a brevissimo che il cliente non aveva voluto spostare, il
giorno prima avevo scritto alla mia agente che mi auguravo almeno brutto tempo
nel weekend dovendo restare chiusa in casa a disegnare.
La prossima volta mi
taglio le manine, piuttosto.
Qui c'è un articolo dell'Evening Standard a proposito.