martedì 25 novembre 2014

My Personal Flash Flood

Illustration-Salgari-monicauriemma-Sinnos
Illustrazione per l'Assaggenda Sinnos 2012-Salgari: Maelstrom-monicauriemma

Chi vive a Londra deve per forza familiarizzare con i centinaia di modi per dire pioggia, alcuni piuttosto evocativi: liquid sunshine (quando piove col sole) , shower, solid rain, e i vari storm, tempeste, temporali…
Confesso però che flash flood (improvviso alluvione) non l’avevo mai sentito. E neanche mai vissuto. 
Finora.

Erano le tre di un venerdì pomeriggio di Settembre, quando sento arrivare la pioggia. 
Niente di strano, ovviamente, ma il fracasso dei tuoni è assordante, cosa insolita (qui la pioggia è frequentissima, ma i temporali con tuoni e fulmini, piuttosto rari), la pioggia cade con un’intensità e un rumore che mi stordisce. 
Pochi minuti e arriva la grandine, più che altro una sassaiola. 
Dai vetri do un’occhiata al minuscolo cortile sul retro, circondato dai muri delle abitazioni circostanti, come ce ne sono tanti nelle case vittoriane, al di sotto del livello strada, comunicante con la cucina tramite una porta e un piccolo gradino.
Oh, oh, il tombino pare non riesca a contenere tanta acqua e il cortiletto si sta trasformando in una vasca… di fango… 
Il rumore è sempre più assordante, il livello sale. 
Il cuore accelera. 
Tra il pian terreno e la cucina ci sono sei gradini, li scendo con un paio di asciugamani in mano, forse dovrei metterli a protezione della port… troppo tardi, l’acqua, scavalca il gradino esterno e invade la cucina. 
Il livello sale ad una velocità impressionante. Getto (inutilmente) gli asciugamani a terra e mi vivo il mio primo flash flood.

E’ in questi momenti che di solito do prova del mio self control: “CHE DEVO FARE, CHE DEVO FARE, CHE DEVO FAAAARE???!!!”
Del mio profondo legame con la natura: “E DAI, ADESSO BASTA, ADESSO SMETTILA! TI PREGO, BASTAAA!”
Della mia grande spiritualità: “NAM MYO HO RENGE KYO...OODDÌODDÌODDDÌO! MAMMMAMIIIA!”, (buddismo,cristianesimo e culto dei defunti, perfetto sincretismo religioso)

Tento di chiamare il mio compagno Danilo, in strada di ritorno dal lavoro, non c’è linea.
Nella mia mente offuscata si fa strada un concetto elementare: elettricità+acqua= no buono.
Corro al piano di sopra a spegnere il pc.
Il frigo e la lavatrice sono completamente immersi e in corrente, e io non posso arrivare alle prese se non guadando. E non riesco a mettere a fuoco dove diavolo sia l’interruttore generale della luce.

Qual è il numero del pronto intervento? Il 911? No, ho visto troppi film americani… ah è il 999… provo, la linea sembra tornata, qualcuno mi risponde. 
“GOOD AFTERNOON” (perché io sono una personcina educata. Terrorizzata, ma educata) 
“MY-KITCHEN-UNDER-WATER”, sono le uniche parole di senso compiuto che mi escono. L’operatrice mi dice qualcosa che ovviamente non capisco, dopo una serie di sorry, sorry,  intuisco che vuole l’indirizzo, ho un attimo di crollo quando mi chiede di farle lo spelling… no, lo spelling no, ti prego! B…B…BRAVO…E…ECO…N…N…NOVEMBER, menomale che il nome della mia strada è breve…
Stiamo ricevendo tantissime chiamate dalla sua zona e abbiamo tutte le squadre impegnate…” “Che devo fare? Io non so che devo fare!”supplico. L’acqua è circa venti centimetri, “Metta degli asciugamani”, già fatto cara, ho tutto il corredo bagno che fluttua. 
Per la verità c’è parecchia roba che fluttua, tappetini, i contenitori dell’immondizia, il cesto con le verdure, tutti in giro a galleggiare, come suppellettili di una nave che affonda.

“Capitano! Imbarchiamo acqua dalla stiva!!!” avrei tanto voluto recitare la parte dell’ufficiale/eroe nei film catastrofici (quello che prevede il pericolo ma nessuno lo ascolta a causa del suo passato da alcolista o di problemi personali, che altrimenti il film non va avanti), purtroppo non c’è nessun capitano che prenda una decisione, nessuno a cui rivolgermi, nessuno…

In fondo non sono in pericolo di vita, la porta è libera e anche se fuori diluvia io posso comunque uscire. 
Cerco di calmarmi, inutilmente, infilo l’impermeabile di Danilo, tre volte la mia taglia, sudo, cammino avanti e indietro, penso all’elettricità e agli strani rumori metallici che sento, cigolii e stridore come di motorini sotto sforzo, sempre più forti, sempre più sinistri, penso a corti circuiti, incendi, crolli… e MORIREEEEMOTUUUUTTIIIIII! 
L’acqua nera supera il primo gradino.

Riesco a comunicare con Danilo, bloccato nel traffico impazzito, mi indica dov’è l’interruttore generale, che in pratica sta quasi sotto al soffitto (grazie, eh… magari un posto un po’ più accessibile?) mi arrampico sullo scaletto che prima ho tirato via dal sottoscala per salvarlo dall’acqua, insieme al cesto della biancheria sporca, ma non mi chiedete perché ho salvato solo queste due cose perché non lo so… stacco finalmente la corrente.

Lo stridore finisce. 
Pian piano anche il rumore esterno cala, la pioggia smette. 
Infilo gli stivali  e corro a comprare un paio di secchi per tirar via “il lago” dalla cucina. Il tutto è durato una mezz'oretta, non di più. Un vero “Flash” flood.

Fuori, atmosfera post-diluvio universale, dietro l’angolo di casa si è formato un enorme lago, polizia e vigili del fuoco, nastri segnaletici a chiudere la mia strada, traffico interrotto, autobus impantanati, la gente si aggira fradicia e smarrita: “Umbelievable!”; ci scambiamo parole di stupore e conforto tra vicini, volevo dire che la mia cucina era “completely flooded” (allagata), e mi esce “completely  floated”, completamente “galleggiata”, beh… sempre di acqua si tratta, no?

Ritorna il sole, fa quasi caldo. Trascorro le successive tre ore a tirar via acqua, strizzo gli asciugamani nei secchi e li svuoto nel tombino fuori casa. 
Intanto arriva Danilo, a sera inoltrata si fa la conta dei danni, abbiamo la lavatrice fuori uso (dovremo cambiare il motore) ma il frigo è salvo. Perdiamo tappetini e alcuni oggetti ma niente di grave. 
Siamo stati fortunati, un nostro amico è stato spostato in un albergo e per parecchio non potrà rientrare in casa.

Scoprirò che l’alluvione è stato talmente circoscritto da interessare solo il mio quartiere.

Mi sorge un dubbio: a causa di una consegna a brevissimo che il cliente non aveva voluto spostare, il giorno prima avevo scritto alla mia agente che mi auguravo almeno brutto tempo nel weekend dovendo restare chiusa in casa a disegnare. 
La prossima volta mi taglio le manine, piuttosto.

Qui c'è un articolo dell'Evening Standard a proposito.


mercoledì 19 novembre 2014

Cara Burocrazia Italiana,

disegno-burocrazia-monicauriemma
Mi manchi molto sai, 
mi mancano le bollette gonfiate da imposte e contributi, mi manca il tuo linguaggio oscuro, le scritte piccole piccole in fondo ai documenti, le file agli uffici, le giornate di lavoro perse. 
Mi manca l’Iva, la ritenuta d’acconto e soprattutto le marche da bollo.  
Mi manca l’acconto Irpef su presunti futuri guadagni, e quelle inconfondibili buste con una scritta bianca su campo azzurro: CARTELLA DI PAGAMENTO.
Quanta nostalgia del furto d’identità che mi ha fatto trascorrere in allegria un paio d’anni tra denunce e plichi di fotocopie, da te a me, da me all’avvocato e dall’avvocato a te (tutte in bollo, s’intende…)

Dove vivo ora è tutto tristemente normale… 
Qui non conoscono la sofferenza necessaria al raggiungimento dello scopo, gli inglesi non sanno che quelli che credono i propri “diritti” sono in realtà benevole elargizioni dall’alto, incerte, come la grazia di una divinità. Tu me lo hai insegnato: la grazia richiede preghiera, sacrificio, dedizione (e qualche volta una mazzetta), non puoi ottenerla senza sforzo. 
Che valore daranno queste persone a cose come pagamenti, assunzione di personale, avvio di un’attività in proprio, certificati, rimborsi, se la loro realizzazione non viene continuamente ostacolata, dilazionata, allontanata nel tempo? Come faranno ad apprezzarle davvero?

Ti racconto una cosa scandalosa: dopo la mia prima dichiarazione dei redditi in UK avevo diritto ad un rimborso e… mi è arrivato! Dopo 10 giorni dalla domanda! E direttamente sul mio conto! 
Eh, sì, la tua collega Britannica  se la sbriga con un click. Che stolta! Non capisce che così si perde tutta la suspense (arriveranno? non arriveranno?), non ha imparato niente dell’animo umano: Se tu fai passare almeno un paio d’anni (come minimo), il destinatario non conterà più su quel danaro, così quando finalmente arriverà sarà una sorpresa! Una festa!

Ricordo i bei tempi in cui mi rendevi tutto più difficile e prezioso. 
Mica mandavi i soldi sul conto? Tu volevi che li toccassi con mano, volevi che io assaporassi la concretezza di quel dono, che mi prendessi una giornata di festa, e così mi mandavi una letterina a casa che mi intimava di recarmi (io, solo io, personalmente io) a fare una bella fila in un ufficio postale, entro e non oltre una certa data, per vergare di mio pugno la quietanza, e se io non ci fossi riuscita per qualche motivo, te li saresti ripresi! Così non avrei mai potuto dimenticare il regalo che mi facevi restituendomi i MIEI soldi.

Negli ultimi tempi devi aver capito che sentivo la tua mancanza, e così mi hai fatto una sorpresa: ora che ho la residenza inglese, quei pochi italiani rimasti che vorrebbero pagarmi non lo fanno, perché tu gli hai detto di non fidarsi. Gli hai detto di non credere che io pago le tasse in UK. 
Non basta un’autocertificazione, l’iscrizione all’AIRE, il certificato di residenza, l’UTR, troppo facile! 
Quella scema di BB (Burocrazia Britannica) ha un form online che mi permette gratuitamente in una ventina di giorni di ottenere un certificato di residenza fiscale, ma lei è stupida si sa, non sa che tu lo fai per il mio bene. 
Perciò hai suggerito in un orecchio a qualcuno dei miei editori di non fidarsi nemmeno di questo! 
Ed ecco documenti da compilare a mano in bella calligrafia e spedire in giro per l’Europa, magari sigillati con la ceralacca, per stare ancora molti, molti mesi a pensare l’una all’altra.

Ed io ti penso sai, non hai idea di quanto ti penso!

Ti dedico un antico auspicio: Puozze passa’ nu guaio, che in lingua celtica vuol dire “che tu possa attraversare la sofferenza e purificarti.”

Sinceramente tua


Monica


mercoledì 12 novembre 2014

Come Rovinare Un Possibile Post

OCCASIONE

Una imperdibile conferenza al South Bank Centre dal titolo: In conversation with Oliver Jeffers& Quentin Blake, praticamente il Paolo Nutini e il Paul McCartney dell’illustrazione, forse il paragone non è calzante ma, insomma, due vere Star.

Sir Quentin Blake (sì, Sir, perché qui, i grandi illustratori li fanno cavalieri…) nato nel 1932, ha cominciato negli anni ’50 e illustrato tutto l’illustrabile, dai racconti di Roald Dahl fino al recente ciclo di grandi pareti per vari ospedali, ha ricevuto profluvi di premi ed infine ha collaborato alla fondazione di The House of Illustration , grande museo dedicato all’illustrazione che ha aperto da pochi mesi a Londra
A lui la mia gratitudine, ammirazione e massimo rispetto.

Oliver Jeffers, classe 1977 (un pargoletto al confronto, infatti era piuttosto emozionato…), nato in Australia, cresciuto in Irlanda, attualmente di base a New York, ha spopolato negli ultimi anni con vere delizie per gli occhi come The Incredibile Book Eating Boy, How to Catch a Star e vari altri, ha anche collaborato al video degli U2 Ordinary Love
Dal suo bellissimo Lost and Found  è stato tratto anche un cartoon di cui questo è il trailer.


INGREDIENTI

Taccuino per prendere appunti.
Telefonino per registrare.
Sforzo, concentrazione e buona volontà per capire tutto nonostante il mio inglese (sono sicura che ne uscirà un ottimo post in cui potrò rivelare i segreti dei grandi illustratori e dire: io c’ero!)

COSTO

10£ (più trasporto). Considerando che praticamente spendo 5£ per artista, è un’occasione.

PROCEDIMENTO

Sedersi buona buona al tuo posto in decimillesima fila dell’immensa Queen Elizabeth Hall e scoprire che:
1) Hai il taccuino ma non la penna. I tuoi amici sono sparsi in altre zone della sala e la tua vicina di posto non ha una penna in più.
2) la batteria del telefonino non è abbastanza carica per registrare.
3) Cosa più importante, hai dimenticato gli occhiali per la miopia che ti ha colto negli ultimi anni (perché sei anziana e non vuoi prenderne atto).

RISULTATO

C'erano due persone (più la moderatrice) dai contorni sfocati e sbrilluccicanti sotto le luci, che se incontrassi domani sotto casa non riconosceresti, che parlavano di cose che non hai capito bene.

Hai afferrato che:
uno dei miti di Quentin Blake è Honoré Daumier,
tra i preferiti di Oliver Jeffers c’è anche Charles Shultz (quello di Charlie Brown, abbiamo una cosa in comune!),
tutti e due hanno uno studio magnifico e invidiabile,
praticamente non usano il computer (sic…)
hanno un ottimo rapporto con gli editori (e volevo vedere che dicevano il contrario…).
Tutto qui.
Ah, c’erano anche una serie di immagini, avvolte nella nebbia.

Sei la schifezza, della schifezza, della schifezza di tutti i bloggers (o blogger, visto che scrivo in italiano…mah…).


Se volete un vero resoconto andate qui: oppure qui