Siamo nel marzo 2013,
poco più di un anno fa. Mentre cercavo un’altra agenzia d'illustrazione (dopo che la prima si era data alla macchia, come ho scritto qui), applicavo e applicavo e
applicavo...
Company italiana che
produce pasta artigianale e vari sughi cerca assistenti di cucina part-time e
full-time, con la passione del cibo e una buona conoscenza della cucina
italiana. Scrivo. Sono italiana, dovrebbe essere un vantaggio, quanto alla
passione del cibo, se arrivano a vedermi lo capiranno da soli.
All’interview
telefonica segue una giornata di prova, retribuita metà paga (almeno...).
Presentazioni:
il capo, milanese, abbastanza giovane, aria da “Sono un grande imprenditore
(guardami le scarpe) ma non ci tengo a sottolinearlo”, mi dice due volte che
loro non lavorano a nero (guarda, l’idea di lavorare a nero non mi ha neanche
sfiorata…).Poi ci sono i ragazzi che formano il team: un cuoco di Napoli, uno
di Viareggio e un siciliano (sembra una barzelletta…). Vantaggio e svantaggio
di lavorare con gli italiani, ci capiamo subito ma come mai potrò praticare
l’inglese?
Rimango in compagnia dei
ragazzi, simpatici e molto gentili. E poi c’è un lettore musicale, evviva! Adoro
lavorare con la musica. Alla terza ora di rock italiano e al terzo minuto della
cover di “Eppure il vento soffia ancora”di Pierangelo Bertoli, cantata da
Ligabue (chitarra e voce, lentiiiissimaaa…), vengo presa dall’irrefrenabile desiderio
di tagliarmi le vene col pelapatate: d’accordo la nostalgia di casa ma siamo a
Londra, Londra, capite? Con tutto il rispetto per Ligabue, un po’ di musica
inglese no?
Taglio e pulisco quintali
di verdure. Lavo tutto il lavabile. Pelo patate. Svuoto, lavo e tolgo
l’etichetta a DUECENTO barattolini di pesto scaduto, preparandoli per la
sterilizzazione. Stupore e gratitudine nei loro sguardi, li ho sollevati da una
rogna che si passavano da giorni a vicenda. Ragazzi, è uno sporco lavoro, ma
qualcuno dovrà pur farlo! È molto stancante ma sono a mio agio. Nessuna
difficoltà.
Chiacchiero con loro e
capisco che c’è tensione col boss.
Momento particolarmente indaffarato, uno di
loro non fa un giorno di pausa da tre settimane, l’altro sta per lasciare, non
ne può più. Lavora tre giorni a settimana ma va via a mezzanotte e deve anche
caricare e scaricare i furgoni per i mercati. Un altro è sbattuto da un mercato
all’altro senza preavviso o pianificazione. Le cose potrebbero andare meglio, organizzandole.
In cuor mio spero che la richiesta di aiuto sia per aumentare il team di almeno
due/tre unità; per come la vedo, servono un paio di figure tutto-fare di cui
una potrei essere io, che si occupino solo di facilitare il lavoro ai cuochi,
lavando, pulendo e preparando gli ingredienti. Così loro possono concentrarsi
sulla cucina, produrre di più e meglio. Ma qualcosa mi dice che la politica è: spremo
le persone finché ce n’è, poi le cambio con altre, tanto la company sono io. I colleghi
sono molto giovani, tutti qui da poco e non hanno imparato molto d’inglese, lui
gioca su questo, dice che c’è crisi e dove lo trovano un altro che li prenda
così...
Tutto questo mi balza in faccia come un deja vu. Già vissuto, molti anni
fa, quando lavoravo nei laboratori di Scenografia. Turni massacranti, sette
giorni su sette, paghe da fame e un continuo: Sei giovane, devi fare
esperienza, dovresti ringraziare se ti faccio lavorare, sono appena le sei, già te ne vai? Un martellamento tanto
ripetuto che finivi per crederci anche tu, ci credevano i tuoi colleghi
anziani, ti entrava dentro, ti marchiava a vita. Un brivido mi percorre la
schiena. È così che si forma il lavoratore medio italiano (non sempre, ma
spesso). Allora avevo 21 anni ed ero appena uscita dall’Accademia, ci ho messo
molto a scrollarmi di dosso questo condizionamento. Adesso di anni ne ho 45 e,
amico, se ci provi con me ti ritrovi con un calcio nel c…
A fine giornata arriva il boss. Come va? Tutto
bene. Parliamo dell’orario, ribadisco che sono disponibile per un part-time,
massimo trenta ore settimanali come da annuncio e lui mi dice che in quel
momento il “part-time” che sta facendo il ragazzo che devo sostituire (ecco…) è
di 38 ore (!), comunque si sta organizzando, deve vedere altri candidati, mi
farà sapere a breve. Giorni dopo mi comunicherà che hanno scelto un ragazzo.
Uno solo. Logico. Ti serve qualcuno giovane e forte, che non abbia pretese di
orario, sia qui da poco e alla ricerca del primo lavoro, a cui puoi dire che
gli fai un favore se lo prendi.
Dispiacuita? Mah… guarda,
anche no.
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