Davvero non capisco
perché dovrei alzarmi alle 5,30 di sabato mattina per andare a vedere una
parata militare, sono pure pacifista! Ma Danilo ci tiene, e poi è il compleanno
di Bettina. Allora chiariamo subito che non è il suo compleanno, Queen Elizabeth
Alexandra Mary (per gli amici Bettina) è nata ad Aprile, ma il
suo compleanno ufficiale si celebra a Giugno in quanto il tempo dovrebbe essere
migliore per una cerimonia all’aperto (poveri illusi… oggi ci beccheremo
qualche goccia di pioggia, tanto per gradire).
Pare che il mio processo
di “inglesizzazione” abbia bisogno di passare anche da questo; devo
partecipare, sentire da vicino un entusiasmo che per me a tratti resta un
mistero. Non che Bettina mi sia antipatica, per carità, brava persona, niente
da dire; è che la monarchia mi sembra una cosa così anacronistica… Ho sempre la
sensazione che i reali non se la spassino tanto: vita regolata da obblighi
formali, non puoi metterti le dita nel naso che
finisci su tutti i giornali, vestiti ridicoli (vogliamo parlare dei
cappellini???), scelte sentimentali passate al vaglio delle autorità... Vorresti essere una principessa? no grazie.
Eppure la gente guarda, ammira e sogna, la famiglia reale inglese in
particolare gode di un affetto, se non incondizionato, almeno largamente
condiviso. Una volta ci hanno detto: “la Regina è la nostra storia”, un
collante per il Paese (e qua noi
italiani siamo un po’ smarriti, il nostro paese di collante ne ha davvero
poco…)
Quindi è deciso: si va.
Armati di sgabellini per riposarci durante l’attesa e decisi ad occupare posti
in prima fila lungo The Mall, il vialone che porta a Buckingham Palace dove si
svolge la parata, arriviamo in zona intorno alle 7,30. Tre ore prima! Eppure dietro
le transenne sono appostati i primi gruppetti di persone.
La strada è addobbata di
bandiere. Comincio ad avere fame, mi guardo intorno: nessun venditore di generi
di conforto, se fossi stata a Napoli avrei avvistato almeno una ventina di
ambulanti abusivi-autorizzati con cappellini, trombette, cocco fresco, panini,
bibite, “Accattateve a bbandiera r’a Riggina!”, eh, beh… qui siamo a Londra,
gente seria, mi dico.
Osserviamo gli automezzi in movimento. Un muletto trasporta
materiale su e giù lungo la strada, il ragazzo che lo guida ci prende gusto ad
essere sotto gli occhi di tutti e comincia a salutare la folla, la gente
risponde, lui la arringa, ovazioni e applausi, 5 minuti di show, tutti a ridere
(gente seria, dicevo…).
Agenti
di polizia ad intervalli regolari schierati verso il pubblico, che allegria
questi ragazzi, tutta la mattinata immobili a guardare le nostre facce. E’
quasi ora: i miei piedi protestano vivacemente, resisti, mi dico. Cerco di
fotografare qualche faccia interessante.
Arrivano le bande musicali, poi vari corpi armati, a piedi e a cavallo, uniformi bellissime: tanto rosso, ma anche nero e oro, passamaneria a gogò, medaglie, cerco di memorizzare i particolari ma è tutto abbastanza veloce.
Poi
arrivano loro, le star, me ne accorgo dal brusio della gente. Una carrozza,
qualcuno che saluta, cappelli, piume, saluto anch’io ma non so chi, saranno
parenti meno famosi. Riconosco Camilla, insieme a Kate e il principe Harry,
salutano, saluto, scatto (foto mossa, acc…)
“Arriva
William, non puoi sbagliare, è su un cavallo bianco!” Quale cavallo? Dove?
Scatto una foto, un tizio vestito di rosso dal cui cappello sbuca solo il naso,
ma sembra il suo, insomma fidatevi, questo dovrebbe essere William, e dietro,
se non ho sbagliato completamente, c’è la zia Anne, anche lei a cavallo.
Ecco Bettina! Sfoggia un
cappellino dei suoi, bianco con fiori azzurri, seduta accanto al principe
consorte, sorride, chissà se oggi vorrebbe essere altrove,
anche solo a poltrire nel letto, a 88 anni…
Il corteo scompare dalla nostra vista, alla fine della
strada la regina passerà in rassegna i corpi armati per poi tornare al palazzo.
La strada si è riempita di escrementi di cavalli, un “soave” profumo ci inonda.
Mi chiedo se per una parata la strada è ridotta così, cosa doveva essere vivere
in una città come Londra nell’800, quando l’unico mezzo di trasporto erano i
cavalli… rabbrividisco al pensiero. Un paio di automezzi per la pulizia
stradale provvedono ad un rapido lavaggio.
I
soldati in alta uniforme schierati lungo il percorso, (cappellone di pelo di
orso -speriamo sia sintetico- , sorretto da un sottogola che non va sotto la
gola ma sotto il labbro inferiore, una cosa che più scomoda di così non se la
potevano inventare), compiono strani movimenti. Vengono passati in rassegna ed
esaminati da superiori: fai tre passetti indietro, tre di lato, un’aggiustatina
al cappello, salutano battendo pesantemente i piedi a terra. Ogni tanto uno si
muove dalla sua postazione e si ferma a parlare con un altro. A giudicare dalle
risatine che riesco a vedere non sembrano ordini ma cose tipo: “Allora, dove ce
la vediamo la partita stasera?”. Fanno alcuni passi e a coppie alternate si
scambiano di posto. Trovo questa coreografia assolutamente inutile, mi chiedo
se non sia solo per fare scena e ingannare l’attesa del pubblico. Mi viene in
mente il vecchio ordine entrato nella memoria collettiva dei napoletani, (pare
sia un falso storico), che vigeva sulle navi del Regno di Napoli qualche secolo
fa: “facite ammuìna” (“fate confusione”). All’arrivo delle alte autorità, tutti
quelli che stavano a prua dovevano andare a poppa e tutti quelli di poppa a
prua, quelli sotto coperta di sopra e viceversa, così da creare movimento e
mostrare efficienza. Vorrei domandare: “Excuse me, sir, mica state facendo
ammuìna?”. In ogni caso il tempo passa, il corteo ritorna, saluti, foto, gridolini
isterici al passaggio dei principi, che poi scompaiono nel palazzo. Colpi di
cannone. Le transenne vengono rimosse, ci avviamo (zoppicando, i miei piedi
hanno dato forfait) verso la piazza per
vedere l’arrivo spettacolare di elicotteri e aerei della RAF, comprese le Red
Arrows, che solcano il cielo di bianco, rosso e blu.
La pioggerellina mi offre
una luce ottima per un paio di scatti alla statua d’oro della Vittoria che
campeggia nella piazza. La famiglia al completo è affacciata al balcone, sono
troppo bassa per scattare qualcosa, tocca a Danilo. Sorridono, salutano
composti, elegantissimi.
Si chiudono le imposte,
la festa è finita. Mi piace pensare a Bettina che fuori dal nostro sguardo, si slaccia
la gonna stretta, si toglie le scarpe e accasciata sul divano dichiara: “Oh, s’è
fatta l’una, che dite, cinese o pizza?”