La mia idea della guerra
me la sono formata con Fabrizio De Andrè.
Non è che sia cresciuta in una
famiglia di anarchici o figli dei fiori, i miei genitori nel ’68 più che a manifestare per pace e amore, erano occupati
a farmi nascere e a tenere insieme una famiglia, ma insomma, respiravo quell’aria
lì.
Più che i libri, i racconti di mio padre sui bombardamenti, la scuola, io
avevo La guerra di Piero*, una canzone, a spiegarmi l’assoluta stupida,
inutile crudeltà della guerra:
“…dei morti in battaglia ti porti la voce,
chi diede la vita ebbe in cambio una croce”.
“…dei morti in battaglia ti porti la voce,
chi diede la vita ebbe in cambio una croce”.
Da quando sono in grado di elaborare
opinioni sulle cose ho pochi punti fermi ed uno di questi è il rifiuto della
violenza, dell’uso delle persone come fossero pedine, e per estensione, l’antipatia
verso eserciti, gerarchie, ordini, posti di comando.
E’ un fatto viscerale, non
mediato dalla ragione, posso dire che ce l’ho nel sangue.
Uno dei (pochi) dubbi che
avevo nel pensare di emigrare qui in UK era l’attitudine secolare di questo
popolo alla guerra, la Gran Bretagna è uno dei paesi occidentali che tende a “mostrare
i muscoli” quando c’è da risolvere questioni internazionali, e io ho sempre
visto questo fatto con preoccupazione. Non c’è molto da fare, è la loro storia,
è l’eco dell’Impero dissolto da poco, posso dire che ce l’abbiano nel sangue.
Poco dopo il mio arrivo,
nell’Ottobre 2012, cominciai a notare per strada, alcuni individui che
indossavano una spilla a forma di fiore rosso, pensai allo stemma di un club,
ma più i giorni passavano, più notavo persone con decorazioni o spille con
questo strano fiore rosso.
Cercavo di individuare dai loro volti una qualche
appartenenza, ma erano giovani, anziani, uomini e donne, di vari ceti sociali.
Quando cominciai a vedere in televisione giornalisti, attori e presentatori con
la spilla mi allarmai. Cos’è, una specie di setta segreta? Stiamo per subire un’invasione
aliena e verranno uccisi solo quelli non “segnati” dalla spilla? Qualcuno mi
disse: “ma tra poco è il Poppy day!”, e io non sapevo che il papavero (poppy) era
il simbolo dei soldati caduti in guerra, la canzone che mi aveva formato mi
tornava in mente…
Durante la prima guerra
mondiale John McCrae scrisse la poesia In Flanders Fields (Nei
campi di Fiandra) dove si parla di papaveri che sbocciano tra file di croci,
ecco perché da allora il Papavero divenne simbolo del Remembrance day, il giorno
dei caduti in guerra, che cade l’undicesimo giorno, dell’undicesimo mese di
ogni anno. Alle 11 del mattino si osservano due minuti di silenzio perché a
quell’ora ci fu l’armistizio nel 1918.
E’ che gli inglesi (guerrafondai,
imperialisti), hanno la capacità di usare i segni, di coltivare la memoria, di
celebrare e sentirsi uniti nei simboli che mi lascia sempre senza fiato. C'è della poesia in queste manifestazioni composte, che mi affascina.
L’anno
scorso, durante le celebrazioni per l’anniversario della Prima Guerra Mondiale,
la Torre di Londra fu letteralmente invasa da un’istallazione di 88.246
papaveri rossi di ceramica (il numero dei soldati morti), uno spettacolo visivamente
eccezionale (potete trovare alcune immagini qui).
E così io resto acerrima
nemica della guerra, e trovo che non ci sia molto da celebrare, ma i morti, i
morti di tutte le guerre, quelli che continuano a morire per eseguire degli
ordini, o perché semplici vittime, quelli li voglio ricordare, e pregare in
silenzio per loro, oggi, alle 11.
"Dormi sepolto in un
campo di grano, non è la rosa non è il tulipano, che ti fan veglia dall’ombra
dei fossi, ma sono mille papaveri rossi"
* "La guerra di Piero", Fabrizio de Andrè, 1964